“Cosplay is not consent”, il web disumano si scontra con l’arte

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Tempo di fiere, tempo di flame, ma forse alcune discussioni fanno sorgere argomenti talmente tanto abietti che vanno analizzati. Si spera che al termine della lettura dell’articolo, seppur breve e riassuntivo di concetti ampi ed importanti, arrivi il doppio messaggio, sia legale che umano.

Quante cosplayers almeno una volta si sono sentite importunate da un ragazzo o una ragazza solo perché avevano scelto un determinato cosplay? Credo, tutte. Il punto focale del discorso è semplice, che sia donna o uomo, vestita con un hijab o con un bikini, nessuno e si sottolinea nessuno, ha il diritto, compito o dovere di poter insultare, denigrare, etichettare o in qualche modo ledere la persona e l’immagine di tale soggetto, sia in ambito fisico che morale. Un insulto denigratorio e “gratis”, oltre ad essere un reato, arreca nel soggetto passivo un disagio e un’offesa morale.

Non riportiamo l’intero accaduto (ed ennesimo con lo stesso tema) verificatosi oggi, l’espressione riassuntiva del tutto si traduce nella libertà personale di poter decidere cosa indossare (in questo caso cosplay), dove e quando. In una fiera del fumetto ragazze e ragazzi decidono di vestire, entro i confini fisici stessi dell’evento, i panni di un determinato personaggio. Ma cosa accade se tale cosplay viene postato tramite foto in rete?

Il più delle volte ad una foto di una cosplayer, particolarmente bella e con un cosplay che esalta una determinata parte fisica, corrispondono commenti decisamente poco apprezzabili. Insultare, anzi diffamare qualcuno a mezzo pubblico quale un social network è un reato punibile dalla legge, sentenza n. 50/17 della sez. I Penale, cito “ la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “Facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 terzo comma cod. pen., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone; l’aggravante dell’uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova, infatti, la sua ratio nell’idoneità del mezzo utilizzato a coinvolgere e raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando – e aggravando – in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network”.

Questo significa semplicemente che quando si posta qualcosa online tale messaggio potrà raggiungere un numero illimitato di persone, arrivando ad una platea indistinta e non quantificabile materialmente. Il mondo del cosplay è composto da persone, le quali sono sempre soggette alle regole del nostro ordinamento,pensare di aver il diritto di poter scrivere quello che si vuole perché lo si sta facendo sotto alla foto di X in un gruppo cosplay, o in una pagina cosplay, non esime costui dalla responsabilità di ciò che si scrive. Lasciando da parte i concetti giuridici, che come visto si possono applicare anche nella sfera di nicchia del cosplay (poiché composta da persone fisiche), la domanda che ogni singolo soggetto deve farsi è sempre la stessa, ed è una domanda a carattere di sensibilità umana “ ma se io fossi al suo posto, come reagirei?”.

  • • Se io fossi al suo posto (o se fosse mia sorella o mia figlia) come mi sentirei leggendo “ti sbor…..nel sedere”?
  • • Se io fossi al suo posto (o se fosse mia sorella o mia figlia) come mi sentirei leggendo “cagna, poco di buono”.
  • • Se io fossi al suo posto (o se fosse mia sorella o mia figlia) come mi sentirei leggendo “mi seg* anche oggi grazie a te”.
  • • Se io fossi al suo posto (o se fosse mia sorella o mia figlia) come mi sentirei leggendo “te lo metto qui o lì’’.
  • • Se io fossi al suo posto (o se fosse mia sorella o mia figlia) come mi sentirei leggendo, e cito testuali parole,”ci credo che esistono gli stupri, così è veramente TROPPO nuda.

Si potrebbe continuare per ore, ma è superfluo. Il concetto è semplice, le foto delle modelle cosplay o di semplici ragazze in cosplay ritraggono un qualcuno che esiste, che ha una sua sensibilità. Prima di scrivere riflettete, nessuno ama essere offeso, nessuno ama un insulto, nessuno vuole che un hobby, che può dare sbocco ad una professione lavorativa, dia tanto dolore e cattiveria.

Bisogna sensibilizzare le persone, educare donne e uomini alla civiltà, far capire che la libertà va vissuta e non ostacolata,che bisogna sempre difendere chi è vittima di questi atti, che non si può temere di fare un qualcosa perché al mondo esiste sicuramente qualcuno pronto a giudicare ed offendere.

C’è la necessita reale di comprendere che il cosplay non è consenso, solo perché si ama interpretare un personaggio,anche scoperto, non si è nella posizione di poter appellare nomignoli a tale soggetto, non si può giustificare una possibilità di stupro di costei/costui, e non si può toccare fisicamente tale individuo, neanche abbracciandola per una foto. Si agisce in maniera razionale,non i maniera irrazionale. Siamo persone, sempre e comunque, sia con dei costumi addosso che in abiti civili, sia nudi che con addosso un piumone. Educhiamoci e solo cosi si può cambiare il mondo, per essere eroi e difendere chi no ha difese non serve una maschera e un mantello, serve coraggio e responsabilità. Bisogna chiedere scusa se si sbaglia e correggersi, sempre.

 

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